Istituto Allergologico Italiano

D'inquinamento si muore


inquinamento atmosferico Nonostante che ogni Nazione abbia adottato dei limiti per l'esposizione ai diversi inquinanti atmosferici, si stima che circa 3,3 milioni di morti premature siano da attribuire alla polluzione atmosferica. Negli Stati Uniti sono stati fissati degli standard primari nazionali della Qualità dell'Aria (National Ambient Air Quality Standards o NAAQS), a salvaguardia in particolare dei soggetti con malattie cardiovascolari e respiratorie, soprattutto rivolti alle popolazioni più fragili, come i bambini e gli anziani. Ogni cinque anni i livelli massimi ammessi di inquinamento vengono rivisti per aggiornare il margine di sicurezza. Queste disposizioni dovrebbero tranquillizzare, tuttavia uno studio pubblicato il 26 dicembre scorso sul JAMA (Journal of American Medical Association) dimostra che i livelli considerati di sicurezza non lo sono per quanto riguarda la mortalità, in particolare da PM2,5 e da ozono. La notizia è estremamente grave e pone la necessità urgente di una revisione radicale dei criteri di rischio finora adottati e delle conseguenti misure protettive.

Nell'articolo citato, Di et al. riferiscono che variazioni giornaliere della concentrazione ambientale di PM2,5 e di ozono molto al di sotto degli standard NAASQ si associano significativamente con un maggior rischio di mortalità per tutte le cause di morte. Gli autori dello studio hanno analizzato 22 milioni di morti nel periodo che va dal 2000 al 2012 collegandole ai valori di inquinanti nell’aria ambientale nelle aree in cui si erano verificate le morti, e hanno potuto constatare che un aumento di 10 μg/ml di PM2.5 e di 10 ppb di ozono nei due giorni prima della morte si associavano ad un aumento della mortalità giornaliera, rispettivamente di 1,05% e di 0,51%. Gli autori hanno anche identificato che le popolazioni con significativo maggior rischio di mortalità da PM2,5 erano i non bianchi e gli adulti di età superiore a 85 anni, mentre quelli a rischio di mortalità per ozono erano gli individui con età maggiore di 75 anni. Un’altra considerazione a dir poco “allarmante” di questo studio è che non è stato possibile stabilire dei valori soglia di sicurezza di esposizione ai due inquinanti per i quali sia assente l’influenza sulla mortalità. Secondo gli autori dello studio questi risultati impongono un’urgente revisione degli standard NAASQ.

I risultati di questo studio se riferiti alla situazione italiana fanno a dir poco spaventare. Infatti l'articolo suggerisce un abbassamento del limite consentito NAASQ per il PM2.5, ma questo è già inferiore a quello nazionale italiano (rispettivamente 12 μg m3 /anno per la NAASQ e 25 μg m3 /anno per l’Italia). Si deve poi considerare che in molte aree, ad esempio a Milano si raggiungono spesso valori di PM2.5 superiori a 100 μg m3 /anno. Naturalmente lo stesso problema riguarda per i mesi estivi i valori di ozono, i cui limiti nazionali sono di 120 mg/m3 media massima giornaliera calcolata su 8 ore contro i 70 μg /m3 della NAASQ. In più, nelle giornate più calde in alcune città italiane si raggiungono valori di ozono in media > 2,5 volte il limite nazionale.

Fonte: JAMA. 2017; 318: 2446-2456